Bullied to Death, omofobia e transfobia tra presente e passato

E’ regista, video artista e fotografo sardo. Giovanni Coda ha così creato il suo ultimo capolavoro che dietro il nome “Bullied to Death” si pone come secondo episodio di una trilogia di film tutti dedicati alla violenza di genere. Realizzato grazie a una co-produzione di natura italo-americana e con una interpretazione effettuata in lingua inglese, questo capitolo è stato girato nella città di Cagliari grazie a dei finanziamenti ricevuti dalla Regione Sardegna, dal Comune di Cagliari e dalla Fondazione Sardegna Film Commission.

Ma esattamente cosa racconta “Bullied to Death”? Molto semplicemente la storia di un ragazzo americano suicida nel 2011 a causa di una serie di atti di bullismo a sfondo omofobo di cui è stato vittima. Il protagonista del film è Tendal Mann, un attore americano di appena sedici anni nato ad Atlanta con al seguito diversi lungometraggi e anche alcuni cortometraggi.

Il film da lui interpretato si basa sulla vera storia del giovane Jamey, un ragazzo di soli quattordici anni che si suicidò nel 2011 dopo esser stato sottposto a reiterati atti di bullismo seguenti al suo coming out. Ma questa non è solo la storia del povero Jamey, poiché nel film si intrecciano tra loro anche stralci di vita di altri giovani gay, lesbiche e transessuali che sono stati uccisi o a loro volta indotti al suicidio in diverse aree del mondo. E il 17 maggio 2071, a sessant’anni dalla morte di Jamey, durante la giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, un nutrito gruppo di artisti si riunisce per commemorare queste morti tanto ingiuste, cariche di malinconia e portatrici di una denuncia sociale ancora oggi soffocata dai tabù.

E’ un film che ripercorre il passato e che nella sua funzione di testimonianza non può non indurre a riflettere anche su temi drammaticamente attuali, su una situazione che per quanto sia di gran lunga migliorata nel corso del tempo è tutt’oggi non priva di lati oscuri. Con “Bullied to Death” si rispolvera il dramma del bullismo omofobico e transfobico che colpisce soprattutto le giovani generazioni e che si insinua beffardo, a tratti vigliacco, in contesti tipici che come la scuola dovrebbero proteggere dalla discriminazione.

E il cinema, proprio come lo sono seminari e libri, è una via culturale per arrivare a un risultato che tutti noi non possiamo che augurarci possa essere raggiunto in tempi brevi: riuscire a vivere in una società che non sia solo aperta sulla carta (magari dichiarandosi tale mediante riconoscimento dei diritti civili), ma che sia davvero in grado di spazzar via i tabù, i pregiudizi e le discriminazioni anche nel normale contesto del vivere quotidiano.

Giovanni Coda ha afferato tutto quanto ciò, e con “Bullied to Death” non ha fatto altro che raccontare la storia riuscendo contemporaneamente a raccontare anche un attualissimo presente. Con immagini strazianti e una fotografia struggente, questo è per così dire uno di quei film “da non perdere”.

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